Discoteca Kiwi

La progettazione di un locale non deve mai essere casuale, pur essendo frutto di fantasia ed estro deve avere un riscontro simbolico con la realtà. Con il Kiwi l'architetto Rodolfo Giugni ha centrato il desiderio del committente, la Sassuol Club, di creare un punto di ritrovo destinato a quanti accomunati da medesimi interessi, desiderino fermare l’avvicendarsi delle stagioni.

Intelligenza, cultura, senso dell’imprenditorialità sono concetti basilari che hanno permesso al locale di puntare verso un obiettivo ben preciso e su quello lavorare tralasciando qualsiasi coinvolgimento personale che potesse far rischiare di creare una discoteca a misura personale e non per il cliente su cui si voleva puntare.

Pista Kiwi

Il palco con adiacente la pista più grande. Punto centrale del locale qui oltre che ascoltare musica live i frequentatori possono riunirsi, a crocchi come in una grande piazza. Ballare o chiaccherare poco importa quando la socializzazione è l’aspetto più importante e riconosciuto a questo locale.

C’è una realtà operativa nelle discoteche che parte svantaggiata nello svolgimento del proprio lavoro e, ciò nonostante, è quella a cui viene non solo richiesto il massimo della professionalità, ma è la prima ad essere inquisita, a lavori ultimati, se qualcosa non funziona. È l’architetto.

Una figura sempre più emergente a cui non c’è arguto titolare di discoteca che non si rivolga, se vuole che il suo locale, nuovo o da ristrutturare, assuma caratteristiche particolari e sia specchio della clientela su cui si vorrà puntare. È lui che deve far combaciare espressione artistica con gusti e budget non sempre (anzi mai, n.d.r.) concordi. Il committente, infatti, chiude gli occhi e si lascia andare a progetti a volte azzardati, richiedendo che il locale alla fine sia il risultato della sua immaginazione, con le mani però saldamente ancorate al portafoglio.

Sinceramente stimiamo molto i nuovi pionieri che, dopo aver consumato giorni e notti sui libri per raggiungere una qualifica, si ritrovano, un po’ per curiosità e un po’ per "vil moneta", ad accettare di progettare una discoteca.

Questi giovani iniziati (e qui tocchiamo un tasto dolente ma reale) entrano in un monopolio fatto di pochi nomi che hanno finito poi col costruire locali tutti uguali. Di conseguenza, i "Bernini" del settore non possono rischiare che ventate innovative mettano a confronto il loro operato, agitando acque chete.

A questa oligarchia si assomma il problema di leggi di sicurezza cavillose e particolari per cui le aziende fornitrici di arredamento e complementi vari, specializzate nel districarsi nel labirinto di richieste di omologazioni, sono ristrette. La classica conseguenza è che la concorrenza è divenuta praticamente limitata, per una torta piuttosto cospicua, ed è calata la volontà e lo stimolo nel ricercare ed offrire soluzioni di styling alternativi.

E se ci guardiamo intorno tra i nomi che firmano le sedute, i tavolini, i bar, sinceramente c’è da compiangere il "povero" architetto che ha firmato un contratto con tanta speranza e velleità di annoverare tra il suo curriculum "quella" discoteca. Aspetti che complicano il suo operato ma che la sera dell'inaugurazione non salvano l'architetto da eventuali commenti negativi o, quel che è peggio, da frasi tipo "credevo meglio"...

Tra i giovani rampanti che hanno deciso di divenire l'"Indiana Jones" dei progettisti di discoteche merita di essere segnalato Rodolfo Giugni di Sassuolo che, firmando la discoteca Kiwi di Piumazzo in provincia di Modena, da una parte si è assicurato un meritato successo, dall’altra l'inizio di una lotta interiore tra la condizione esasperante di trovarsi faccia a faccia con una nuova espressione d'arte e non poterla esprimere proprio per le eventuali limitazioni sopra elencate.

Comunque sia, l’inizio è tutto a suo favore. Del Kiwi sappiamo che, nato nel 1970, nel 1988 è stato completamentedistrutto da un incendio. Quando Giugni, dunque, ha preso in mano la situazione, non solo aveva tempi strettissimi per far risorgere il locale ma, soprattutto, doveva creare il nuovo mantenendo la precedente suddivisione interna.

Tempo e creatività pilotata non lo hanno certamente avvantaggiato, eppure la disponibilità di tutti i fornitori e, dalla sua, la determinatezza di fare qualcosa di veramente proprio, hanno permesso un risultato inequivocabile.

Il punto di partenza era un contenitore molto ampio, oltre quattromila metri quadrati da suddividere in zone che tuttavia dessero del locale una immagine uniforme. Così l'architetto ha pensato di ottemperare alla richiesta puntando su particolari ma, soprattutto (ed ecco il primo degli interventi intelligenti), suddividere gli spazi in modo tale da essere agilmente sfruttato per serate a target differenti o, volendo, anche in unica soluzione.

Vediamo come. Si può accedere al privé ed ascoltare musica soft o ballare sulla piccola pista, trasferirsi nel salone e seguire il complesso che suona dal palco, oppure decentrarsi nella sala attigua e scatenarsi a suono di dance. Una polifunzionalità che così garantisce al locale l'agilità di adeguarsi alle richieste di un cliente sempre mutevole.

Da una parte i trentacinquenni e quarantenni che incominciano a riscoprire il piacere di andare a ballare, perché finalmente possono alternare alla disco music l’ascolto di brani revival e rivivere l'emozione di un "contatto” attraverso i "lenti"; i giovanissimi che stanno riscoprendo la necessità di un approccio verbale con il proprio coetaneo e quindi con sempre più determinatezza abbandonano la pista per appartarsi in un angolo e chiacchierare; ed infine la schiera degli immancabili amanti del liscio che, non è affatto vero, siano un retaggio solo di provincia.

Alla ricerca del perchè

Voce di origine maori, la parola è assunta in inglese per indicare dapprima gli uccelli, estesa poi a significare generalmente "neozelandese", da cui deriva il nome del frutto (perché di solito importato attraverso la Nuova Zelanda).

Nel primo caso, è il nome indigeno di due specie di uccelli della Nuova Zelanda appartenenti al genere Apteryx, ormai in via di estinzione. Vivono isolati, in coppie o in piccoli gruppi nelle regioni boscose fino a 200 metri di altezza, hanno la statura di un gallo, con testa piccola, becco lungo e sottile leggermente ricurvo verso il basso, zampe corte e robuste, ali ridotte a moncherini quasi invisibili e mantello marrone scuro che sembra fatto di peli più che di penne.

È da questo raro animale che i titolari hanno preso spunto e non dal frutto come molti, noi per primi, possono aver pensato. Infatti, questo uccello ha peculiarità che, oltre l'aspetto sopra descritto, lo distinguono dai suoi simili: è esclusivamente monogamo, l'uovo viene covato solo dal maschio e la vita di questi animali, singola o di gruppo, avviene prevalentemente di notte. Chiaro, no?

Con il nome Kiwi, quindi, si è voluta augurare la fedeltà della clientela, ossia partecipanti che singolarmente o in gruppo vivano la notte in questa cattedrale del ballo. Magari, in un mondo sempre più avviato alla solitudine, si è voluta esprimere la speranza di far incontrare due persone che un domani vivano felici e contente nella tanto "anormale" monogamia.

Kiwi bar a tema
Kiwi pannelli cromatici

Mattonelle stile anni ’70 arredano la superficie di uno dei quattro bar, tutti dislocati in modo tale da essere un punto di richiamo. Proprio come ogni piazza che si rispetti, anche il Kiwi ha i suoi bar con una clientela preferita.

Nove pannelli a effetto “trompe-l’oeil” si innalzano fino al soffitto. Anche in questo caso il colore gioca un ruolo molto importante: cambiano infatti di cromia secondo il volere di un esperto regista che riesce a captare gli umori e i sentimenti e, come le stagioni, a tramutarli.

L'arredamento del locale, pur mischiando richiami liberty ed egizi, punta prevalentemente sulle emozioni che il colore, come espressione, può trasmettere. Le "mattonelle" in stile anni ’70 che arredano la superficie di due dei quattro bar, le colonne "imprigionate" da fili che le percorrono lungo tutta l'altezza, i nove pannelli che da terra si innalzano fino al soffitto che fungono da "trompe-l'oeil", sono solo alcuni particolari in cui è l’esaltazione del colore a prevalere. Attraverso l'intensità che varia in continuazione, si esprime la volontà di trasmettere un’energia che non aspetta altro di essere liberata.

Si viene così a creare un’atmosfera che avvolge il cliente pur in una superficie così vasta.

Sono particolari intelligenti pilotati per giocare sulla psicologia del cliente, come la cabina regia: un tunnel completamente trasparente in cui degli "alieni" sincronizzano nella loro astronave i movimenti dei terrestri. I D.J. e i tecnici luci, quindi, rinchiusi e racchiusi nel loro lavoro, in realtà possono comandare la musica e gli effetti luci a due piste differenti. È un'idea quella di sfruttare uno stesso contenitore per dare continuità a diverse fasce di utenza e generi musicali.

Altra apprezzabile scelta è quella di sfruttare i video per trasmettere della pubblicità locale. Una forma di ritorno sulle spese e comunque un investimento ancor oggi messo in dubbio da molti gestori di discoteche.

Tunnel Kiwi discoteca

Un tunnel completamente trasparente contiene la cabina regia. Qui in contemporanea è possibile trasmettere musica e miscelare luci a due piste.

È calata la notte, nella "piazza" piccole luci creano effetti magici e invitano all'attesa. La serata si avvia o sta per terminare? Poco importa, è solo in questa piazza che si vive, oltre quella porta c'è un altro mondo.

Il Kiwi, con la sua struttura, ha acquistato una dimensione al di fuori del cliché che vuole le discoteche luoghi effimeri. Superando quello stato glorioso di moda fatto per i soliti, il locale diviene, con il suo arredamento, suggeritore di un modo di essere, rivalutatore del particolare non ostentato ma esclusivamente creato per essere vissuto.

Non è un’idealizzazione ma un chiaro punto di incontro che conferma l'ipotesi di chi crede nell'aggregazione di varie forme sociali e polivalenti.

Privo di eccessi, ma non per questo non personale, il Kiwi fa assaporare al cliente il piacere di essere protagonista, proprio perché non deve scontrarsi con nessuna forma azzardata, opulenta e mastodontica o talmente chic da creare uno stato psicologico di soggezione.

Infine, la dislocazione dei divani crea tanti piccoli isolotti, tutti comunicanti, che ben sintetizzano il concetto imposto inizialmente dai titolari.

Degno di nota e sintomatico di cultura è l’installazione di un servizio per portatori di handicap, soprattutto necessario tenuto conto che al Kiwi oggi vanno anche ragazzi che pur non potendo ballare dimostrano comunque di socializzare.

La musica è un'espressione di pensiero, un mezzo di comunicazione e ricordiamoci che per comprenderla non è necessario ballarla. Questo serve solo al corpo per trasmettere messaggi di altro genere e ad intendere per sostituire o supportare il linguaggio. La progettazione di una discoteca non è casuale: pur essendo tutto di fantasia ed estro, deve avere riscontro simbolico con la realtà.

Il Kiwi è sicuramente il risultato della capacità di aver saputo fondere l'asetticità di oggetti tecnici – quali i sistemi per le luci, i mixer piuttosto che i diffusori – con il gusto del bello e dell’accogliente.

Il tutto è stato sapientemente coordinato se si tiene conto che il Kiwi è stato consegnato ai titolari dopo solo otto mesi di lavori per una superficie di 4500 mq rispettando, altra cosa degna di nota, i costi.

Tanti auguri quindi a questo giovane architetto per un avvenire non facile, poiché si richiederà da lui sempre meglio. Forse l'augurio più sincero è quello di incontrare proprietari dello stampo del Kiwi o magari migliori.

Speriamo che queste pagine, oltre ad aiutare Rodolfo Giugni nel desiderio di progettare discoteche, aprano gli occhi a qualche gestore ancora un po’ sospettoso verso i giovani architetti e poco desideroso di comprendere che l’oscuro oggetto di desiderio è proporzionato anche alla volontà di spendere. Il successo di un locale inizia proprio da qui.

Intelligenza, cultura, senso dell’imprenditorialità sono concetti basilari che permettono al locale di puntare verso un obiettivo ben preciso e su quello lavorare, tralasciando qualsiasi coinvolgimento personale che possa rischiare di creare una discoteca a misura personale e non per il cliente su cui si voleva puntare. E l'architetto più di chiunque altri può consigliare nella scelta.

Discoteca Kiwi modello

Chi è Rodolfo Giugni

Diplomato geometra nel 1977, laureato nel 1984 presso l'Università di Firenze.

Durante il periodo universitario ha effettuato il tirocinio professionale presso un affermato studio del Modenese, occupandosi di progettazione e direzione lavori di civili abitazioni, edifici industriali, arredi di esercizi pubblici, e progettazione di discoteche in tutta Italia.

Dopo la laurea, da libero professionista ha iniziato una proficua collaborazione con un grosso studio di Como occupandosi di progettazione e direzione lavori, di arredi a Milano, Como, Lugano, Nizza, Montecarlo, con committenze affermate (Milva, Streler, Rumenigge), di un grosso intervento di lottizzazione e pianificazione territoriale sull'isola di Cavallo (Corsica), di un intervento di recupero di 4.000.000 mq di terreno per campi da golf da 18 buche, con annessi servizi sportivi (piscina, equitazione, campi da tennis) in Provincia di Pavia, di recupero e ristrutturazione di abitazioni in Centro Storico e diverse ville settecentesche sul lago di Como, di progettazione di un autoasilo a Como.

Ora si occupa di arredi di pubblici esercizi, negozi, ristrutturazioni e restauri, costruzione di civili abitazioni e discoteche.

Dott. Arch. Rodolfo Giugni,
via Adda 51
41049 Sassuolo (MO)
Tel. 0536/885487-885984